La corsa delle foglie morte

 

Sono diversi anni ormai che, tutte le mattine, sfoglio distrattamente la "Gazzetta". La sfoglio distrattamente perché trovo sempre meno notizie di sport e sempre più giochi e pettegolezzi, dal fantacalcio alle ubbie di questo o quel calciatore. Vado in edicola e, assieme al quotidiano, acquisto anche la "Gazzetta" per abitudine, quasi automaticamente.

Questa mattina però, nell’unica misera pagina dedicata al ciclismo, ho letto l’articolo di Marco Pastonesi dedicato al Muro di Sormano.

Quanti ricordi!

Il Muro di Sormano, una mulattiera di un paio di chilometri che portava in vetta alla Colma, tra il paese di Sormano e la discesa verso Nesso, era stato introdotto da Vincenzo Torriani nel 1960 per rendere più selettivo il Giro di Lombardia. La pendenza proibitiva con punte al 26% e un paio di tornanti con un dislivello impossibile costrinsero molti corridori a salire a piedi.

Il primo anno fu selettivo ma non troppo, poiché la distanza dal traguardo di Milano consentiva di recuperare. Nel 1961 e nel 1962, spostato l’arrivo a Como, fu decisivo.

Del Muro di Sormano si ricordano le imprese di Imerio Massignan e Vito Taccone ma, soprattutto, le grandi prestazioni della "compagnia della spinta" che, esclusi i corridori di testa, aiutò consistentemente tutti gli altri, tanto è vero che il record della scalata fu stabilito dal pesantissimo passista Ercole Baldini che, nel 1962, fece registrare un tempo di ben 45" inferiore al primato precedente dell’agilissimo arrampicatore Massignan.

Per questi motivi, l’anno dopo, il Muro fu abbandonato e si tornò a percorsi più tradizionali. Ebbe però il merito di indurre le industria a produrre per la prima volta ingranaggi da 28 denti.

Ricordi del Giro di Lombardia, la classicissima delle foglie morte.

Il tempo piovoso e triste di questi giorni mi ha fatto tornare alla mente un disegno, datato 1932, del giornalista piemontese Carlo Bergoglio, il mitico "Carlìn". Da quei pochi abilissimi tratti di penna si aveva la sensazione di vivere la corsa in una autunnale giornata di pioggia, quella pioggia che è stata spesso compagna dei ciclisti in questa gara in questa specie di campionato mondiale d’autunno.

Pioveva a dirotto nel 1937 quando, su via Giovanni da Procida, adiacente al Vigorelli, giunse solo l’estroso Aldo Bini, toscano di Montemurlo, che aveva staccato il suo grande avversario delle gare tra i dilettanti, Gino Bartali.

Lo stesso Bartali stravinse, solitario sotto la pioggia, il suo terzo e ultimo Giro di Lombardia nel 1940. Gino, in maglia tricolore di campione italiano, staccò sul Ghisallo il giovane compagno di squadra Fausto Coppi che correva con la maglia rosa inaspettatamente conquistata al Giro d’Italia,

Risultato capovolto nel 1947: Fausto Coppi, in maglia tricolore, staccò tutti in salita e giunse al traguardo, posto all’Arena, con cinque minuti di vantaggio su Bartali alla cui ruota aveva sorprendentemente resistito il giovane veneto Italo De Zan.

La pioggia fece perdere a Fiorenzo Magni il Lombardia del 1953. Per le avverse condizioni meteorologiche restò chiuso il Vigorelli e la corsa si concluse sul rettilineo di via Giovanni da Procida. Una segnalazione maldestra fece sbagliare strada a Magni, che era il più veloce del ristretto gruppo di testa, e così vinse lo sconosciuto Bruno Landi, stupito e felicissimo.

L’anno dopo Coppi , in versione cow boy (corse con un inusuale fazzoletto bianco intorno al collo), vinse il suo quinto e ultimo Lombardia, battendo in volata sul parquet del Vigorelli Magni, Mino De Rossi, Bruno Landi e altri sei compagni di fuga. Piovve per quasi tutta la corsa con un breve intervallo verso fine gara, tale da consentire l’arrivo sulla pista magica.

Nel 1957 a causa della pioggia si tornò a giudicare l’arrivo su via Giovanni da Procida. Vinse Diego Ronchini davanti al romanino Bruno Monti.

In tempi più recenti ricordiamo, tra i corridori che vinsero sotto la pioggia, Francesco Moser, Tista Baronchelli e Giuseppe Saronni, fresco iridato dopo la "fucilata" di Goodwood.

Nel 1992, l’anno del secondo mondiale di Gianni Bugno, acqua a catinelle sul Giro di Lombardia. Ad un certo punto rimasero soli Tony Rominger e l’iridato Gianni. "Gianni, andiamo?" propose lo svizzero. Bugno, in uno di quei suoi ricorrenti momenti di perplessità, non se la sentì di affrontare l’azzardo. Rominger tentò da solo e vinse. Peccato, Gianni!

Al di là delle giornate di pioggia il Giro di Lombardia può raccontare un’infinità di storie.

Era la corsa di Coppi (cinque volte primo, una secondo, due volte terzo). I piazzamenti hanno sempre avuto un po’ il sapore della beffa. La più cocente fu quella del 1956 per mano di Darrigade che, a pochi metri dal traguardo, gli tolse, a trentasette anni, quella che poteva essere la sesta vittoria. Però anche nel 1950 e nel 1951 Fausto aveva, come suol dirsi, fatto la corsa ma fu battuto la prima volta da Renzo Soldani e la seconda da Louison Bobet.

Che dire ancora di questa corsa? Le quattro vittorie di Binda, le tre di Girardengo, Cleto Maule che batte allo sprint Fred De Bruyne, l’arrivo solitario di Nino De Filippis che anticipa lo sprint di Miguel Poblet in via Palmanova,le lotte dall’esito alterno tra Gianni Motta e Tommy Simpson, Gimondi vittorioso sulla pista di Como su un Merckx chiuso in volata da Adorni, compagno di squadra di Felice, le due vittorie di Cuorematto Bitossi sempre su Gimondi, la vittoria di Jean Pierre Monserè per retrocessione di Karstens, la seconda vittoria di Gimondi per positività all’antidoping di Cannibale Merckx, le due vittorie ciascuno di Merckx, De Vlaeminck, Hinault, Rominger, Kelly, la seconda vittoria di un ormai attempato Baronchelli, solitario in piazza del Duomo, le sorprese di Gilles Delion e Vladislav Bobrik.

Poi, per confermare il fascino di questa grande corsa, bisogna ricordare la splendida edizione dello scorso anno. Tornati ad un percorso classico, abbiamo assistito ad una delle gare più avvincenti degli ultimi anni. E’ stata una gara in cui il più forte, Ivan Basso, è stato battuto dal più furbo, Damiano Cunego: grandi elogi a Ivan ma altrettanti elogi alla intelligenza tattica del piccolo principe che ha vinto la gara lasciandosi magistralmente staccare sul San Fermo.

Quest’anno non ci sarà Basso e per Cunego la corsa sarà meno controllata e di conseguenza più difficile. La speranza è che riesca ad estrarre dal cilindro qualche colpo dei suoi, sia di forza sia di acume tattico. Vedremo.

Tornando al Muro di Sormano, chissà che, restaurato, transennato e ben presidiato, non possa essere di nuovo riproposto. Dal punto di vista tecnico oggigiorno sarebbe più abbordabile con rapporti da mountain bike e - perché no? - la tripla moltiplica.

 

 

5 ottobre 2005