Coppi e Tarzan

 

1949: l’anno più bello di Fausto Coppi.

Il 1948 opaco di Fausto ed il trionfo di Gino al Tour avevano ridato fiato alle trombe dei tifosi bartaliani. A quel punto il vecchio campione poteva vantare, nel suo albo d’oro, tre vittorie nel Giro d’Italia e due nel Tour de France. L’aquilotto biancoceleste si fermava a due sole vittorie, e nemmeno tanto convincenti, al Giro: quella del 1940, favorita dal suo capitano Bartali in difficoltà fisiche e quella del 1947, ottenuta grazie ad un colpo di mano nella quartultima tappa, dopo un Giro dominato dal rivale.

Nel 1949 Fausto ha ventinove anni, va per i trenta, è in piena maturità fisica. Stimolato dalla nuova ondata di popolarità che ha sommerso Gino, si prepara come non mai. Non lascia nulla al caso, dagli allenamenti ai particolari tecnici del suo cavallo d’acciaio. Decide di montare il cambio Simplex anziché il Campagnolo. Il Simplex consente una "cambiata" più rapida anche se il Campagnolo è più robusto, semplice ed affidabile.

Stravince la Milano-Sanremo. Per la terza volta in quattro anni giunge solo sul traguardo della città dei fiori. Domina il Giro d’Italia, compiendo un’impresa leggendaria nella Cuneo-Pinerolo meno di un mese dopo la tragedia di Superga. Fausto è tifoso torinista ed amico personale di Valentino Mazzola. Che l’impresa del Giro sia anche un omaggio all’amico scomparso?

Sulla pista di Copenaghen diventerà campione del mondo dell’inseguimento. Arriverà solo terzo al mondiale su strada che si disputerà su una "ignobile aia", parole di Gianni Brera. Dominerà infine il "suo" Giro di Lombardia.

E il Tour? Il Tour merita un discorso a parte. Non è facile mettere d’accordo i due galli nel pollaio. Fausto è in forma strepitosa ma è un novellino del Tour, Gino ha dominato l’edizione del 1948 ed il Tour è una corsa che sembra gli sia stata cucita addosso. L’abilità del citì Alfredo Binda consente di raggiungere un accordo: partiranno a pari grado.

Obtorto collo, Fausto accetta. La cosa non gli garba completamente perché – si sa – ama e amerà sempre avere tutti gli uomini della squadra al suo servizio. Lo si è visto alla fine del 1948, quando si è separato dal velocista Adolfo Leoni, lo si vedrà in seguito con il divorzio da Oreste Conte, altro velocista, e poi con il burrascoso allontanamento dell’irrequieto Loretto Petrucci.

E così, il 30 giugno, parte il Tour con Bartali in maglia gialla, quale ultimo vincitore, e un Coppi imbronciato. In tutte le innumerevoli foto scattate alla partenza non si nota il benchè minimo sorriso sul suo volto. Insoddisfazione? Dubbi? Timore che il Tour non sia corsa adatta a lui come molte cassandre avevano ipotizzato? Fatto è che, anche se la forma non può essere scomparsa in pochi giorni, nelle prime tappe è tutt’altro che brillante. Introverso, silenzioso, triste, sembra essere caduto in uno di quei suoi non infrequenti momenti di abulia.

Il caldo torrido e la corsa ventre a terra, velocissima e piena di fughe e controfughe, promosse da figure di secondo piano ancora piene di energie, mettono un po’ in difficoltà tutta la squadra italiana.

Al termine della quarta tappa, Boulogne-Rouen, indossa la maglia gialla Jacques Marinelli, un piccolotto alto un metro e niente, originario di Trento. Costui è un attaccante nato e, il giorno dopo, nella Rouen-Saint Malo, incurante di essere primo in classifica, va in fuga in compagnia di altri corridori. Nella fuga si infila anche Coppi. Il caldo è asfissiante. Nel tentativo di prendere una bottiglia d’acqua da uno spettatore, Marinelli scarta e arrota Coppi. I due cadono senza conseguenze ma – ahimè – le due biciclette restano incastrate. Dopo un po’ di tiramolla riescono a liberarle. Marinelli balza in sella e rincorre i fuggitivi. Fausto non può perché la sua bici è inservibile. L’ammiraglia di Binda è dietro al gruppo e la bici di scorta è là, lontana. Tragella, sulla seconda auto, è lì ma può offrirgli solo la bici di scorta di Mariolino Ricci che è alto la metà di Fausto. Si prova ad alzare al massimo la sella: piuttosto di niente …. Fausto va in crisi. Rifiuta la bici di Ricci come un bambino capriccioso. Gli crolla il mondo addosso, vuole ritirarsi. Gli fanno presente per stimolarlo che, al suo posto, Bartali avrebbe ripreso la corsa anche su una bicicletta da donna. La cosa sortisce l’effetto contrario.

Finalmente arriva il gruppo. Si fermano tutti gli italiani, compreso Bartali. Fausto sale sulla sua bicicletta di scorta e, attorniato da tutte le maglie tricolori, riprende la corsa. Pedala svogliato. Un impietoso filmato della Settimana Incom mostrerà Bartali mentre si volge indietro ad incitarlo con un eloquente gesto della mano sinistra. Niente. Binda dà a Gino e agli altri l’ordine di andare. Accanto a Fausto resta solo Mariolino Ricci: arriveranno a Saint Malo con quasi trentasette minuti di ritardo.

Per Coppi il Tour è finito. Vuole ritirarsi. E’ il 4 luglio. Binda, con la pazienza di Giobbe, lo convince a continuare: il 5 c’è una tappa facile, il 6 c’è riposo e il 7 c’è una cronometro di 92 km; cerchi di vincere almeno la cronometro per salvare la faccia e poi, se vuole, potrà tornare a casa.

Coppi, su cui Binda ha un notevole ascendente, resta in gara sia pure malvolentieri, vince la cronometro, non torna a casa e vince il Tour con undici minuti su Bartali e venticinque su Marinelli.

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Forse Fausto non è mai stato tanto forte come nel Tour del 1949 e, forse, non è mai stato tanto debole come nella tappa di Saint Malo.

Al termine del Tour, Orio Vergani, inviato del "Corriere della Sera" scrive: "Fausto: ti ringrazio di essere un timido: ti ringrazio di essere un indeciso: ti ringrazio di essere un malinconico. Ti ringrazio per la tua aria dinoccolata, per le tue fattezze nient’affatto energiche e volitive, per quel tuo corpo che pare manchi del tutto di energia, per quel tuo eterno non sapere cosa diavolo vuoi. Guai se, oltre ad essere il corridore che tu sei, guai se tu fossi allegro, con l’occhio ridente, con la volontà sicura, con il gesto ardito, con le labbra eloquenti, con la voce squillante. Non saresti un uomo: saresti un luogo comune, una copertina a colori, una fatuità in bicicletta. Invece, hai anche tu momenti di stanchezza, di dolorose confessioni, di tira e molla, quei cari momenti di indecisione e di amarezza che distinguono l’uomo vero dagli uomini inventati per i romanzi a fumetti. Grazie Coppi, perché non gonfi mai il petto, perché non alzi mai il mento spavaldo, perché non corrughi mai in atto di sfida le sopracciglia.

Grazie, perché ieri, davanti alla folla di Parigi, non sapevi da che parte allacciarti la tracolla di seta della tua vittoria: avevi l’aria, caro Fausto, di non distinguere la spalla destra dalla spalla sinistra. Grazie, Fausto, per la tua sommessa ostinazione velata di silenzio rassegnato, per i tuoi occhi che non scintillano provocanti. Grazie, Coppi, perché non sei Tarzan".

 

4 luglio 2006