Primo Volpi, una maglia bianca nel destino

 

Qualche giorno fa, alla bella età di novant’anni, se n’è andato Primo Volpi. Ai più giovani questo nome non dirà molto ma a chi giovane non è più, e si è sempre interessato di ciclismo, Primo Volpi riporta alla mente tanti ricordi.

Era nato nel 1916 a Castiglione d’Orcia, in provincia di Siena, e fin dalle categorie minori aveva dimostrato di saperci fare, specialmente in salita.

Nel 1939 esordì tra gli "indipendenti", una categoria intermedia tra i dilettanti e i professionisti. Gli indipendenti potevano prendere parte alle gare professionistiche oppure a gare loro riservate o a gare miste con i dilettanti. Era quasi un passo obbligato per entrare nel ciclismo che conta. Certo non navigavano nell’oro, anzi. Però potevano stipulare contratti con le varie squadre di industria a seconda delle particolari esigenze di queste. I contratti potevano essere di breve durata, magari riguardare anche una sola corsa, oppure coprire l’intera stagione.

Volpi fu "indipendente" praticamente per tutta la carriera ma gli ingaggi li trovò sempre.

Nel 1939 fu causa, ovviamente inconsapevole, di un fatto curioso raccontato da Gino Bartali e riportato poi in vari libri. Una domenica di primavera, Bartali si recò ad Arezzo per un convegno sportivo. La cosa si concluse nella mattinata ed uno degli organizzatori propose al campione fiorentino: " O Gino, perché ‘sto pomeriggio ‘un vai a vedere l’arrivo del Giro del Casentino? L’è ‘na corsa per indipendenti molto dura co’ ‘n sacco di salite. E poi corre Primo Volpi".

"E chi l’è ‘sto Primo Volpi?"

"L’è uno che va forte pe’ davero. Oggi vince di sicuro. L’è magro, tutt’ossa e poi c’ha ‘l nasone. Ma non tutto sacramentato come ‘l tuo, c’ha ‘l naso lungo e affilato. L’è ‘no scalatore e, tra ‘n paio d’anni, ti darà filo da torcere".

"Bischerate! L’ha ancora da venire al mondo quello che mi metterà in difficoltà ‘n salita".

Gino, forse incuriosito, forse perché non aveva niente di meglio da fare, decise di andare a vedere l’arrivo del Giro del Casentino. Però, una chiacchiera tira l’altra, fece un po’ tardi e giunse sul traguardo proprio nel momento in cui arrivava il vincitore, un ragazzotto ossuto e col naso lungo ed affilato.

"Ehi, Volpi! - lo apostrofò Gino – Se’ stato proprio bravo. C’avevano ragione a dirmi ch’ eri uno che va forte. Parola di Gino Bartali".

"La conosco – rispose il ragazzo – Vedo sempre le sue foto sui giornali. Ma io non sono Primo Volpi, io mi chiamo Coppi Angelo Fausto. Volpi ha forato a pochi chilometri dal traguardo, se aspetta, fra un po’ arriva".

"Beh, Volpi o non Volpi, foratura o no, tu hai da aver fatto ‘na gran bella corsa. Queste strade le conosco bene e son dure. Quindi ti faccio i miei complimenti …. come diavolo ha’ tu detto che ti chiami?"

"Coppi Angelo Fausto".

"Arrivederci, Coppi".

L’anno successivo sia Angelo Fausto Coppi sia Primo Volpi furono ingaggiati dalla Legnano capitanata da Gino Bartali. Fu l’anno della sorprendente vittoria al Giro d’Italia del giovanissimo Coppi, abilmente consigliato da quel grande stratega di Eberardo Pavesi. Volpi non fece però parte dei sette verdeoliva schierati al via ma trovò posto nella Azzini, una di quelle squadre della categoria "Gruppi" che venivano composte appositamente per aggiungersi alle squadre di industria al fine di completare il quadro dei partecipanti. In quel Giro la Legnano, con Coppi maglia rosa, rimase in gara con soli quattro effettivi di cui due, Bartali e Ronconi, in non buone condizioni fisiche. Allora il buon Volpi, anche se in maglia nera e azzurra dell’Azzini, trovò il modo di dare una mano agli uomini di Pavesi.

E poi venne la guerra. Come tutti gli altri corridori anche Primo Volpi correva quando era possibile, un po’ per guadagnare qualcosa ed un po’ per sentirsi ancora vivi.

Sempre con la licenza da "indipendente" staccata per la Società Sportiva Tempora di Bettolle, sua località di residenza, affrontò la ripresa, affidando le sue prestazioni alle squadre che lo richiedevano. Tra il 1945 ed il 1947 vestì varie maglie: Viscontea, Velo Club Bustese, Ray, Ricci e Cozzi. Vinse una tappa del Giro delle Quattro Province del 1945, giro che vide il ritorno al successo di Gino Bartali dopo la guerra, e tre gare minori nel 1946, anno in cui si classificò al decimo posto nel Giro della rinascita. In una delle tre gare vinte nel 1946, si piazzò secondo Barisone, sivvhè, curiosamente, l’ordine d’arrivo recitava: 1° Primo Volpi – 2° Secondo Barisone.

Nel 1948 Volpi si accordò con l’Arbos, la ditta piacentina di Armani e Boselli che costruiva biciclette e macchine agricole. Con la maglia blu-arancio dell’Arbos gareggiò per ben sette anni, facendo registrare le migliori prestazioni della carriera: un quinto posto al Giro d'Italia del 1948, una paio di vittorie nel 1949, una tappa nel Giro del Belgio nel 1950, il Giro di Sicilia e il Giro di Catalogna nel 1951, il Gran Premio Industria e Commercio, la Coppa Sabatini e la Coppa Bernocchi nel 1952, ancora la Coppa Sabatini e il Trofeo U.V.I. per indipendenti nel 1954 e, infine, il Giro d’Europa nel 1954.

Nel 1955 lasciò l’Arbos e passò alla Welter dove ebbe il compito di guidare con la sua esperienza il giovane e promettente Guido Boni, "l’angelo di Vicchio". Alla fine del 1956, a quarant’anni suonati, appese la bicicletta al fatidico chiodo, non prima di avere trovato la forza di vincere una tappa del Giro delle Asturie.

Il sogno di tutti i corridori della categoria "indipendenti" fu sempre quello di indossare la maglia bianca, quella maglia che, al Giro, veniva assegnata al primo di categoria. Fino al 1946, invece, la maglia bianca veniva assegnato al primo della categoria "Gruppi". Volpi, indipendente a vita, non ebbe modo di indossarla mai. Nel 1940 e nel 1946 non potè opporsi a Giovanni De Stefanis e a Salvatore Crippa. Per qualche anno, quando Primo avrebbe potuto giocarsela, non fu assegnata, e poi non ebbe mai la possibilità di battagliare ad armi pari con i vari Silvio Pedroni, Donato Zampini e Arrigo Padovan, perché il suo compito alla Arbos era quello di stare vicino, prima, allo svizzero Fritz Schaer e, poi, al romanino Bruno Monti. Si rifece però, con gli interessi, nel 1954.

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Nel 1954 venne organizzata, in autunno, una corsa a tappe forse un po’ troppo pomposamente chiamata Giro d’Europa alla quale gli assi preferirono non partecipare. Ebbene, il protagonista assoluto fu il trentottenne Primo Volpi che vinse la classifica finale e anche la tappa a cronometro a più di quarantadue di media.

Privata dei campioni, la gente si interessò moltissimo a quel vecchietto dal naso lungo ed affilato che le studiava tutte per vincere. Una tappa transitava per Milano. I ciclisti arrivavano da piazzale Loreto, imboccavano viale Abruzzi e giravano per via Gran Sasso. La folla era immensa e tutta per lui. La sera si apprese che, proprio in quella tappa, aveva spodestato il capoclassifica, il belga Hilaire Couvreur.

I titoli sui giornali si sprecarono. Ne ricordo un paio: "Primo di nome e di fatto" e "Il nonnino d’Europa".

Per uno strano gioco del destino la maglia del primato di quel Giro d’Europa era bianca.

Ciao, Primo.

 

2 dicembre 2006