Cosa avrà pensato Bartali

 

Venerdì 10 giugno 1949. Nuvoloni bassi, pioggia e freddo accolgono i corridori al ritrovo di partenza della diciassettesima tappa del Giro d’Italia, Cuneo-Pinerolo, 254 chilometri con le salite della Maddalena, del Vars, dell’Izoard, del Monginevro e del Sestrière. Dei centodue girini partiti da Palermo sabato 21 maggio ne mancano all’appello una trentina e sono, forse, invidiati da almeno i tre quarti dei superstiti che si apprestano ad affrontare la tappa.

Giuseppe Ambrosini, patron del Giro, dopo le polemiche dell’edizione 1948, vinta da Fiorenzo Magni, ha studiato un percorso nuovo: inedita partenza dalla Sicilia, lunga risalita dello stivale fino al Veneto, poi Emilia, Liguria, Piemonte con sconfinamento in terra francese e traguardo finale all’autodromo di Monza.

In realtà le tappe chiave sono solo tre, la Bassano del Grappa- Bolzano con le Dolomiti, la Cuneo-Pinerolo con cinque passi alpini e la successiva Pinerolo-Torino, 65 km a cronometro. Per evitare che le altre tappe si trasformino in semplici trasferimenti sono stati previsti abbuoni agli arrivi e anche a diversi traguardi intermedi.

In effetti la corsa è risultata battagliata e vivace fin dall’inizio. A fare la parte del leone è stato – appunto – Adolfo Leoni, trentaduenne umbro, velocista di vaglia. Il bell’ Adolfo piace alle donne e in maglia rosa piace ancora di più. E’ riuscito ad arrivare ai piedi delle Dolomiti con alcuni minuti di vantaggio su Bartali e Coppi grazie a fughe e abbuoni. E’ la prima volta che Leoni corre per la classifica ed è anche la prima volta che è capitano unico di una squadra, la Legnano, orfana di Bartali, passato a difendere le proprie insegne.

Il vecchio Gino è apparso in difficoltà nelle prime giornate rischiando anche il ritiro. Si parlerà poi di avvelenamento, di bandito Giuliano, di scommesse della mafia siciliana sulla vittoria di Coppi. Bartali è stato sull’orlo del ritiro e a dissuaderlo – forse – è stato un milione di lire consegnatogli da Emilio De Martino, direttore della rosea. Coppi si è dato da fare anche nella caccia agli abbuoni, fatto sta che alla partenza della Bassano-Bolzano il sorprendente Adolfo Leoni, in maglia rosa, vantava quasi dieci minuti di vantaggio su Coppi ed un paio in più su Bartali.

Nella Bassano-Bolzano, verso Moena, Coppi è partito all’attacco ed è arrivato solo al traguardo. Sullo svolgimento della tappa le versioni saranno diverse. Virginio Colombo, massaggiatore di Bartali, racconterà che, al lento afflosciarsi del tubolare posteriore del suo campione, il gregario belga Jomaux abbia avvisato troppo platealmente l’ammiraglia fornendo involontariamente la notizia agli avversari. Altri racconteranno di un attacco deciso di Coppi e di una successiva foratura che avrebbe ritardato Bartali lanciato all’inseguimento. Dino Buzzati parlerà addirittura di un improvviso attacco di Coppi mentre Gino era intento a mangiare una banana. Di certo sappiamo unicamente che Coppi è arrivato solo a Bolzano con quasi sette minuti di vantaggio su Leoni e Bartali. Bartali aveva atteso Leoni e altri inseguitori riuscendo a ridurre il distacco nella parte finale della tappa. Solo così Leoni ha conservato la maglia rosa per soli 28" su Coppi. Bartali era a una decina di minuti.

Nelle successive tappe l’indomito Leoni è andato a caccia di abbuoni e, alla partenza da Cuneo la classifica vede secondo Coppi a 43", terzo Bartali a 10’ 11" e il resto non conta più.

Al ritrovo di partenza di Cuneo. Bartali, avvolto nella mantellina impermeabile, è cupo come il cielo. Il naso è triste trent’anni prima della canzone di Paolo Conte e il labbrone è imbronciato come nei momenti peggiori. Nel suo cervello si accavallano pensieri su pensieri: "L’è vecchio, l’è finito. Ecco cosa diranno tutti adesso, senza tener per nulla conto di tutto quello che m’è capitato. Te, tu pensa ‘n po’: prima m’avvelenano; so’ stato male ma male per davvero. Quello là se ne sarebbe tornato a casa ma io no. Ho continuato perché c’ho la pelle dura io, altro che milione di De Martino. Sì, lui me l’ha dato pe’ farmi continuare ma io poi glielo volevo restituire. L’è stato lui a non rivolerlo ‘ndietro. E poi l’attacco sulle Dolomiti … beh, lasciamo perdere. Tanto ‘l Giro quest’anno l’hanno fatto apposta per quello là. Anche ‘l re de’ grulli lo capisce. L’avvocato (Ambrosini) l’è coppiano. L’ha cominciato a scrivere che ‘l Gino l’era vecchio quando ‘un avevo ancora trentadue anni. L’è coppiano. Lo sanno tutti. Pe’ favorirlo c’ha ficcato ‘na cronometro di settanta chilometri tutta in pianura alla penultima tappa. L’era dal ’39 che non ci mettevano ‘na cronometro al Giro e anche allora la misero pe’ fa’ perdere ‘l Bartali e vincere ‘l Valetti. Settanta chilometri a cronometro su ‘n percorso tutto ‘n pianura senza nemmeno ‘n cavalcavia l’è come a dire che ‘l Coppi parte con quattro minuti di vantaggio sul Bartali. ‘Un l’è mia giusto".

I corridori si incolonnano e si avviano alla partenza sotto la pioggia, quasi di malavoglia. Pronti? Via! La grande cavalcata ha inizio.

Gino pedala svogliato a centro gruppo. Come tutti sanno è lento a carburare in partenza. Il fido Corrieri lo incita più volte a portarsi nelle prime posizioni perché non si sa mai

Gino sembra abulico:"Il Corrieri c’ha ragione ma cosa vuoi che succeda oggi? Con cinque colli la corsa vera la comincerà sull’Izoard. Chi l’è quel matto che attacca prima? Mi son bevuto solo un caffè stamane e non ho fumato neppure ‘na sigaretta, tanto ‘l cuore ha tutto ‘l tempo di prendere i battiti giusti. Ma poi che vuo’ che faccia mai quello là? L’ha già vinto ‘l Giro; gli basta la cronometro di domani per fa’ fuori l’Adolfo. Che ‘nteresse c’avrà mai a spolmonarsi oggi? Il Giro l’è finito a meno che ‘un sia di luna storta e ‘un vada ‘n crisi; ‘un sarebbe mia la prima volta. Comunque il vecchio Gino ‘un si move prima dell’Izoard".

Gino resta nella pancia del gruppo malgrado le sollecitazioni di Corrieri.

All’inizio del Colle della Maddalena scatta il numero 65, Primo Volpi, toscano della Val d’Orcia, sempre sensibile al fascino delle salite. Nessuno sembra volere inseguire quel folle in maglia blu-arancio dell’Arbos poi, improvvisamente, Coppi si alza sui pedali, scatta, riprende Volpi, lo lascia e se ne va da solo.

"Chel lì l’è mat!" pensano tutti sulla Checca. Tragella fa un breve calcolo e strabuzza gli occhi quando riesce a quantizzare il tutto: servono circa otto ore di fuga solitaria. Scuote il capo: "L’è propi mat!"

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Corrieri, Brignole e Jomaux avvisano Bartali. Gino si porta avanti e, malgrado non sia ancora "carburato" è costretto a darsi da fare: "Madonnina bona, o l’è proprio forte o l’è ‘n gran bischero! Mancheranno dugento chilometri al traguardo. ‘Un vorrà mia fare tutta ‘na cronometro. Speriamo vada ‘n crisi".

Fausto in crisi non ci va proprio e in vetta alla Maddalena ha un minuto su Volpi e un minuto e mezzo su Bartali, aiutato - si fa per dire - da Jomaux, Ronconi, Pezzi, Bresci, Cecchi, Astrua, Cottur e pochi altri.

"Adesso, nella discesa, prima d’affrontare ‘l Vars quello là si rialza e si fa riprendere. ‘Un è mia possibile che voglia andare avanti da solo".

Sulle prime rampe del Vars Gino capisce che "quello là" fa sul serio e non ha nessuna intenzione di farsi riassorbire: "Ma non è mia normale ‘na cosa del genere. Domani tanto c’aveva la cronometro …. Adesso devo muovermi anch’io se no arrivo a Pinerolo con mezz’ora. La mi’ compagnia ‘un l’è tanto bona; vanno troppo piano. Adesso li mollo e facciamo ‘n testa testa … e speriamo che quello là abbia ‘n cedimento".

Gino allunga e alla sua ruota resta solo Volpi. In vetta al Vars Coppi ha più di quattro minuti su Bartali e Volpi.

Gino, con quella sua pedalata nervosa che Gianni Brera definirà "da arrotino", stacca Volpi e la corsa diventa una cronometro individuale tra i due campioni. Bartali scende il Vars a rotta di collo ma non guadagna sul rivale: "Oh, quello là l’è diventato anche ‘n discesista. L’ha imparato tutto da me. Quel paio d’anni alla Legnano col vecchio Gino gli hanno ‘nsegnato qualcosa".

Biciclette e corridori infangati all’inizio dell’ Izoard, una delle salite più care al vecchio Gino. Acqua e fango spruzzati all’insù dalla ruota posteriore disegnano una lunga striscia grigia sulla schiena del vecchio campione rendendo illeggibili le lettere "r", "t" e "a" della scritta "Bartali". La maglia di lana gialla è appesantita dal fango, i due tasconi sul petto sono vuoti ma pesano come se contenessero macigni. Gino estrae da una delle tasche posteriori un fagottino avvolto nella carta oleata. Dentro c’è qualcosa da mangiare. Non si capisce bene cosa sia ma addenta tutto, forse anche un po’ di carta. Deve nutrirsi il vecchio se vuole contrastare l’airone biancoceleste. Mentre scala l’Izoard Bartali rivede come in un flash back la sua lunga carriera ciclistica: le prime corse con la maglia dell’Aquila di Ponte a Ema, il passaggio al professionismo con la Frejus, la lunga militanza con la Legnano, la morte del fratello Giulio e la voglia di piantare tutto, I Giri e i Tour vinti e quelli perduti, l’avvento di Coppi, la guerra: "Chi l’avrebbe detto che quel mucchio d’ossa sarebbe diventato ‘n campione? L’avevo preso alla Legnano per fare ‘l gregario e ti vince ‘l Giro del ’40. Eh, certo che ‘n quel Giro c’ha avuto fortuna. ‘Un lo conosceva nessuno poi quel cane che mi fece cadere nella discesa della Scoffera e io che c’ho fatto da gregario e da maestro. Sulle Dolomiti quando l’è andato in crisi se ‘un c’era ‘l Gino a mandarlo avanti con le bone e con le cattive il Giro lo vinceva Mollo … e se ‘un ci fosse stato il cane il Giro ‘un lo vinceva neanche Mollo. Lo vinceva ‘l Bartali. Avevo ventisei anni , ero forte come ‘n toro".

In vetta all’Izoard Coppi ha portato a quasi sette minuti il vantaggio sul rivale. Gino non vuole che gli passino più notizie sui distacchi: "Serve mia a nulla sapere i distacchi. Qui ormai l’è ‘na cronometro ‘n salita. Te, tu Gino devi pedalare e basta. Tutto ‘l resto ‘un conta punto. Ma sino a Pinerolo ‘un mollo".

Discesa dell’Izoard, salita al Monginevro, nuova discesa e risalita al Sestrière. In vetta al Sestrière il vantaggio di Coppi è praticamente immutato. Un po’ Bartali ha cominciato a "carburare" e un po’ Coppi ha cercato di dosare le forze. Nella discesa successiva Bartali fora e ha qualche problema al cambio: "Tutte a me devono capitare. L’è dall’inizio del Giro che la fortuna mi dice male. Il Coppi c’avrà ‘l Simplex e io ‘l Cervino ma qui ‘un l’è questione di cambi o di meccanica, qui l’è questione di fortuna e sfortuna. Certo che quello là ‘un va mia piano. L’è tutto l’anno che ‘l va forte. Va verso i trent’anni e sarà maturato".

Pinerolo: la grande fatica sta per finire. All’ultimo chilometro Bartali sa già che dovrà pagare al rivale un pedaggio di una dozzina di minuti: " Beh, ‘un posso mia dire che quello là non sia stato bravo. L’è proprio ‘n forma. Forse così ‘n forma ‘un l’è mai stato. M’ha dato ‘na dozzina di minuti, ‘na bella scoppola! Però ‘l vecchio Gino n’ha rifilati ‘na decina a tutti gli altri, giovani e vecchi che siano. Adesso cominciamo a pensare al Tour. Dicono tutti che quest’anno sia quello bono per vedere al Tour anche ‘l Coppi. L’Alfredo (Binda) so che ci tiene a portarcelo perché stravede per lui ma io voglio garanzie. Ne ho fatti tre di Tour io e n’ho vinti due e ‘l terzo …. beh, quello l’avrei vinto sicuro anche con la caduta nel torrente se ‘un m’avessero fatto ritirare quando ormai ero già guarito. Eh ‘l Tour l’è n’altra cosa. C’è battaglia tutto ‘l giorno mia solo in du’ tappe o ai traguardi volanti. E poi c’è ‘l caldo, ‘l freddo, le cotte. Eh, sì, le cotte. Quello là l’è ‘n po’ facile alle cotte. L’è mia ‘n duro come ‘l vecchio Gino: Scommetto che al Tour almeno ‘na cottarella se la prenderà senz’altro e allora sì che ne vedremo delle belle".

 

15 novembre 2009