Perché Sanremo è sempre Sanremo?

Massimiliano, il campionissimo

 

Da cosa nasce il fascino della Milano-Sanremo? Penso che nasca più dalle imprese del passato che da quelle recenti. Dal 1907, prima edizione vinta da Lucien Mazan, più noto come Petit Breton, le strade della riviera hanno raccontato favole ciclistiche stupende. Quei 281 chilometri delle primissime edizioni furono teatro di imprese, lotte, gioie e drammi: le gioie dei vincitori e i drammi degli sconfitti, dei ritirati, dei dispersi raccattati da sbuffanti auto al seguito mentre altri, a volte, sfiniti dalla fatica, si fermavano in sperduti casolari. La "Sanremo" per la marea di "isolati" che prendevano il via da Milano era una vera e propria avventura: I più non arrivavano a Sanremo ma si fermavano chissà dove, chi prima chi dopo, ma non importava: a loro bastava prendere il via, provarci fin che le forze reggevano. I campioni, no. I campioni arrivavano a Sanremo, vincitori o vinti, ma arrivavano.

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Poi, pian piano, il ciclismo si è modernizzato: Binda, Guerra, Bartali, Coppi, Van Looy, Poblet, De Vlaeminck, Merckx. La moderna preparazione, le diete particolari, i progressi della tecnica hanno via via diminuito il gap tra campioni e non campioni e allora, sparita la selezione naturale, gli organizzatori hanno inserito prima il Poggio e poi la Cipressa. Malgrado le novità del percorso, ai nostri giorni, la corsa è ostaggio delle tattiche delle squadre e dei "treni" dei gregari dei velocisti. Praticamente, è godibile dal momento in cui lascia l’Aurelia per iniziare il Poggio. Potremmo accendere il televisore a quel punto.

Però la "Sanremo è sempre la "Sanremo". Quell’idea di fare partire una corsa dalla nebbiosa Milano (non sempre) per arrivare alla calda e soleggiata Sanremo (non sempre) è stata ed è ancora vincente: la "classicissima di primavera", la "corsa al sole", il "mondiale di primavera", la "corsa d’apertura". Ecco il vero fascino della "Sanremo". Molte altre corse sono tecnicamente più valide, dalle classiche del nord al Giro di Lombardia, ma la Milano-Sanremo è la prima grande corsa della stagione e partecipano tutti – o quasi – i campioni. E’ quel fascino che ci porta a cercare di intuire come sarà la stagione che va ad iniziare.

Noi, ragazzini a cavallo degli anni quaranta e cinquanta, aspettavamo con ansia la Milano-Sanremo sia per tifare Bartali o Coppi sia perché con la "Sanremo" iniziavamo anche noi la stagione dei "tollini", gli indimenticabili tappi corona che ci permettevano, senza spesa, di confrontarci in accanite gare da marzo al Giro di Lombardia.

La prima grande Milano-Sanremo della nostra storia ebbe luogo il 19 marzo 1950. La pista fu disegnata con il gesso su un tratto di marciapiede di viale Abruzzi, proprio davanti al negozio dei cicli Afra, chiuso perché allora per San Giuseppe si faceva festa. Franco, Luca, Aldo e Massimiliano erano i miei avversari: una squadra di sette "corridori" ciascuno. In mattinata avvenne una specie di punzonatura per l’assegnazione delle squadre. Senza che nessuno eccepisse mi aggiudicai i gialli della Bartali, poi ci fu un problema tra Massimiliano e Franco, entrambi accaniti tifosi di Coppi. A "pari o dispari" la Bianchi andò a Massimiliano. Franco si accontentò della Wilier Triestina di Magni, Aldo optò per la Legnano di Leoni e Luca, al quale non interessava il ciclismo, optò per sette "isolati" scelti a caso sulle pagine della Gazzetta.

La corsa iniziò nel primo pomeriggio, subito dopo avere ascoltato dal giornale radio le ultime notizie dalla corsa vera, con trentacinque corridori e quattro o cinque automobiline di latta ad interpretare la parte delle auto al seguito. Era imperativo finire in tempo per andare ad ascoltare la radiocronaca dell’arrivo della "Sanremo" vera.

La nostra corsa non ebbe storia perchè tra noi c’era un vero campionissimo dei "tollini": Massimiliano. Era eccezionale. Noi utilizzavamo uno dei tre tiri classici: indice tenuto fermo dal pollice, medio tenuto fermo dal pollice e pollice tenuto fermo dall’indice. Massimiliano, oltre ad essere assolutamente ambidestro, tirava anche con l’indice tenuto fermo dal medio.

Morale: primi quattro posti a quattro della Bianchi con Coppi primo. Era la legge del più forte. Poi, con le ginocchia e le mani nere che più nere non si può, andammo tutti di corsa a casa di Franco ad ascoltare la radiocronaca dell’arrivo della corsa vera.

Il vecchio Philips di forma ovale con tela marrone sopra l’altoparlante occupava l’angolo più importante della sala. Gracchiava un po’ ma noi tutti zitti. "…ci apprestiamo ad assistere ad una volata a ranghi compatti …. parte Van Steenbergen, lo segue Magni …c’è vento sul viale d’arrivo … il belga e Magni si piantano …. Oreste Conte …. Nedo Logli …. Bartali! Bartali! Incredibile, ha vinto Bartali!"

La mia fede Bartaliana mi fece schizzare urlante in mezzo alla stanza: "Chi se ne frega dei tollini! Ha vinto Bartali".

Dal 1951 in poi la "Sanremo" dei "tollini" venne corsa in versione "indoor" per motivi di sicurezza. Nel 1951, 1952 e 1953 si svolse in casa mia. Dalla camera da letto, all’anticamera, alla cucina, seguendo i colori delle piastrelle e tracciando con il gesso solo il tratto del Turchino. Dal 1951 in poi si unì a noi anche una ragazzina, Luciana, alla quale fu assegnata la squadra di Hugo Koblet, il ciclista con il pettinino in tasca, l’idolo delle donne. Luciana era bravina con i "tollini". Si inginocchiava in modo composto e faceva i suoi tiri usando il pollice destro come propulsore. Noi maschietti ci comportavamo con lei da veri gentiluomini salvo qualche tiratina di trecce.

Tre anni di "Sanremo", tre anni di vittorie di Massimiliano, tre anni di vittorie di Coppi.

Nel 1954 decidemmo di optare per lo spazioso ingresso della casa di Franco. Quando arrivammo da lui, all’ora stabilita, Franco ci ricevette con una finta aria triste: "Mi ha telefonato Massimiliano. Non può venire perché ha la febbre". L’urlo di gioia che seguì l’annuncio fu decisamente antisportivo ma assolutamente comprensibile.

Partenza, quindi, senza il dominatore delle precedenti edizioni. Franco lasciò Magni a Lumache abbandonò i suoi abituali "isolato" e potè finalmente tenersi il suo Coppi. Come ando’ a finire? Bartali "forò" un paio di volte nella discesa del Turchino e rimase tagliato fuori, d’altra parte aveva ormai quarant’anni …. Coppi, invece, si portò in testa sul Capo Berta e resistette sino a Sanremo facendo presagire il quinto sigillo ma fece un "dritto" all’ultima curva. Risultato: primo Giovannino Corrieri. Avevo finalmente vinto la "Sanremo".

Quella fu la nostra ultima Milano-Sanremo con i "tollini". Purtroppo stavamo diventando grandi.

 

19 marzo 2010