Perché Sanremo è sempre Sanremo?

Un discolo di nome Loretto

 

Ci ricordiamo tutti del "digiuno" di vittorie italiane alla Milano-Sanremo, iniziato nel 1954 con la vittoria di Rik I Van Steenbergen e terminato nel 1979 con il successo di Michelino Dancelli. Per diciassette anni abbiamo sempre ricordato l’ultima vittoria italiana conquistata da Loretto Petrucci nel 1953. Ma chi è stato Loretto Petrucci? La risposta non è facile ma sicuramente possiamo affermare come Petrucci sia stato potenzialmente uno dei più forti corridori per le corse di un giorno e come la sua carriera si sia precocemente interrotta un po’ per colpa sua e un po’ per colpa di altri.

Petrucci Loretto Benito nasce a Capostrada di Pistoia nell’agosto del 1929. Alla fine della guerra, si mette in mostra giovanissimo tra i dilettanti tanto da essere convocato per le Olimpiadi e per il Mondiale nel 1948 all’età di soli diciannove anni. Si ritira in entrambe le competizioni per crisi di fame. Dirà poi che allora anche i corridori della nazionale erano malnutriti.

A fine 1949 partecipa alla finale del Trofeo Pirelli per dilettanti e vince davanti a Minardi e ad Albani. Eberardo Pavesi, l’avocatt, li porta tutti alla Legnano ormai orfana di Bartali. Alla Legnano vince quattro corse minori ma alla fine del 1951 vuole cambiare aria: troppi galli nel pollaio. Pavesi va benissimo ma Loretto è un insofferente e non può resistere con Leoni, Soldani, Minardi e Albani. Nel 1951 Alfredo Martini, toscano come lui, lo porta alla Taurea. Alla Milano-Sanremo è terzo perché, quando vede partire due uomini in maglia "Bottecchia", non riconosce in uno di loro Louison Bobet (l’altro è il fedele Barbotin). E’ quarto al Giro delle Fiandre, corso praticamente da isolato, e poi vince alla grande il Giro di Toscana, dove il secondo arrivato, Giuseppe "Pipaza" Minardi rinuncia a disputare la volata. Si ritira al Giro d’Italia.

A questo punto la "Bianchi" gli fa una offerta economica che non può rifiutare. Ha solo ventidue anni. Passa alla casa di viale Abruzzi con l’accordo di potere giocare le sue carte nelle classiche, mentre per le corse a tappe tutti al sevizio di Coppi, anzi se proprio lo lasciano a casa dai giri meglio.

La Milano-Sanremo è la sua corsa. Lo si era intravisto nel 1951 e lo si capisce nel 1952. Studia bene il percorso, nel suo cervello abbozza una tattica che prevede di saltare il rifornimento di Savona. Ma come fare? La soluzione è presto trovata: già alla partenza si riempie le cinque tasche della maglia di numerosi panini ai quali ha tolto la mollica sostituendola con abbondante carne trita cruda. Alla faccia delle moderne barrette! Nel finale fugge con un gruppetto eterogeneo e sul vialone d’arrivo batte tutti di diverse macchine. Secondo è "Pipaza" Minardi.

Non vince altre gare nel 1952 ma è secondo al Giro delle Fiandre e nono alla Parigi-Roubaix.

Il 1953 consacra Petrucci grande primattore delle corse in linea. Prima di tutto rivince la "Sanremo". Questa volta niente panini ma una borraccia di Champagne gelato ad Imperia. Loretto vola, potrebbe staccare i compagni di fuga ma si sente sicurissimo e attende la volata. Straccia tutti. Secondo ancora "Pipaza" Minardi, la vittima sacrificale.

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Il 1953 è il suo anno migliore: vince la Parigi-Bruxelles, è terzo alla Freccia Vallone e quinto al Giro delle Fiandre. Potrebbe vincere anche la Parigi-Roubaix ma fa troppo il galletto e la cosa pare vada di traverso a Coppi. Loretto si permette poi di fare apprezzamenti negativi su Fausto e la Dama Bianca. Si dirà poi che, alla "Roubaix", Cavanna, il massaggiatore cieco di Coppi, abbia messo del lassativo nei panini del giovane impertinente. Malgrado ciò Petrucci vince la Challange "Desgrange-Colombo", una specie di coppa del mondo a punti.

Ormai il divorzio Bianchi-Petrucci è inevitabile. Prima della fine della stagione viene rescisso il contratto e Loretto passa alla Lygie, sottomarca dell’Atala.

Nel 1953, con la maglia bianco-verde della Lygie, si prepara per la "Sanremo". Si dice che vada forte come non mai. Vuole vendicarsi di Coppi e della Bianchi. Coppi lo fa marcare a uomo dal suo fidato gregario Pino Favero. Non c’è selezione e si arriva su via Roma con il gruppo compatto. Loretto è in ottima posizione, parte al momento giusto ma si sente trattenere da un peso misterioso: Pino Favero si è attaccato al suo sellino. Risultato finale: primo Van Steenbergen, secondo Anastasi, terzo Pino Favero, quinto Petrucci, nono Coppi. Loretto giura che, senza la scorrettezza di Favero, avrebbe fatto tris. Mah?

Decide di correre il Giro d’Italia. Parte in maglia Atala e si ritira al dodicesimo chilometro della prima tappa. La scusa è la debilitazione susseguente ad una violenta epistassi nella notte precedente.

L’astro di Petrucci subisce un rapidissimo declino. Nel 1955, ancora sotto contratto con la Lygie, vince il Giro del Lazio e niente altro. L’anno successivo non trova un contratto e corre a gettone per Arbos, Girardengo e Ignis. L’anno successivo, a soli ventisette anni, appende la bicicletta al chiodo.

Ogni anno va sul palco di Sanremo ad interpretare la parte dell’ultimo italiano vincitore della "Classicissima di primavera".

Nel 1968, a quasi trentanove anni, con diversi chili di troppo, stacca la licenza per la squadra svizzera Isolabella. Partecipa a qualche corsa di primavera, incontra Merckx, Gimondi e Motta. Vorrebbe partecipare alla "Sanremo" ma la sua iscrizione non viene accettata. Abbandona tutto e va a fare l’opinionista televisivo. Torna sul palco della "Sanremo" ma, nel 1970, Michele Dancelli gli toglie anche quella parte.

 

19 marzo 2010