1991: quel giorno sullo Jaizkibel

 

Sabato 10 agosto 1991. Sono andato con mia moglie Odilla a vedere lo stato di avanzamento dei lavori nella nostra villetta a schiera nel lodigiano. Abbiamo portato con noi anche Shira, la nostra femmina di levriere afgano. Shira, che ha cinque anni, si è sfogata a correre veloce in ampi spazi. Abbiamo mangiato un paio di panini seduti in qualche modo, al fresco, nel futuro soggiorno e poi siamo tornati a casa.

L’appartamento di Milano, che abitiamo in affitto dal 1968, è piccolo ma accogliente. Sono settanta metri quadrati, al sesto piano, disposti ed arredati in modo razionale. Da un lato abbiamo la nostra camera da letto e quella di nostra figlia Laura, quasi ventunenne e temporaneamente in Inghilterra. Su questo lato c’è una bella terrazza di venticinque metri quadrati che, grazie al fatto che di fronte non ci siano edifici alti ma solo un cinema chiuso da tempo, ci consente di spaziare e di vedere, oltre lo scalo di porta Vittoria, anche il Pirellone. Nelle giornate limpide riusciamo a vedere anche le guglie più alte del Duomo e, quasi fossero lì vicino, le Grigne. Dall’altro lato abbiamo soggiorno, cucina e servizi. La cucina è lunga e stretta e, dalla finestra, dominiamo via Sanfelice. Proprio di fronte, in un appartamento con terrazzino al quarto piano, abita il giovane Paolo Bonolis, reso noto dalla trasmissione "Bim Bum Bam". Bonolis si vede raramente, qualche volta con una biondina, altre volte da solo. Lo incontriamo a volte da Michele che gestisce il suo Mini Market in viale Molise: Bonolis entra, compra poche cose e se ne va senza proferire parola. Riservatissimo.

Ma torniamo a noi. In casa fa molto caldo per cui spalanco tutto in modo da creare una ventilazione apprezzabile. Maglietta leggerissima, calzoni corti e infradito completano degnamente la situazione. Shira è già sul divano, a pancia all’aria, in un incomprensibile ammasso di pelo.

Accendo distrattamente la tivù: c’è una corsa ciclistica. Ah, già! Il Clasico de San Sebastian di Coppa del Mondo! Me ne ero dimenticato. Mi metto attento. Odilla mi offre il caffè e si siede sul divano spostando un po’ Shira che, stanca dalle corse della mattinata e dal caldo, non fa una piega.

Adriano De Zan spiega che siamo a una quarantina di chilometri dall’arrivo, che tutti i migliori sono ancora insieme e che si sta per affrontare l’Alto di Jaizkibel. La salita ha un nome impronunciabile ma dicono che sia impegnativa: strada piuttosto stretta e pendenze tra il sei e l’otto per cento.

Cerco subito tra i corridori la maglia tricolore di Bugno. Non la vedo subito ma c’è. E’ lì a metà gruppo. Vai avanti, Gianni! Davanti devi stare!

Tifo Bugno dalla Sanremo del 1990. Mi ha dato grandi emozioni e non sempre positive. Nel ’90 Sanremo, Giro, Alpe d’Huez, Coppa del Mondo ma un Mondiale e un Lombardia forse buttati via. Poi c’è stato l’inizio del 1991: Bugno al primo posto nella classifica dell’U.C.I. ha fatto entrare in campo la corazzata Gatorade; gli anno fatto uno squadrone, hanno preso Giovannetti, vincitore della Vuelta 1990, hanno messo in campo mezzi economici notevoli, un pullman verde segue le corse con, a bordo, l’inimmaginabile. Però la primavera di Bugno non è stata pari alle attese: Chiappucci ha vinto la Sanremo mentre le classiche del nord hanno visto un Argentin in grande spolvero. Al Giro, Gianni è partito come favorito e, dopo la cronometro di Langhirano, era ad un solo secondo dalla maglia rosa "Coppino" Chioccioli. Pareva fatta, il Giro sembrava finito. Invece, le salite hanno respinto Bugno e galvanizzato Chioccoli, primo a Milano con Bugno quarto a quasi otto minuti: da mangiarsi le mani! Al campionato italiano Gianni è rinato. Ha staccato di forza Chioccioli sull’ultima salita ed arrivato da solo al traguardo. E così ha affrontato il Tour in maglia tricolore. Era in forma al Tour ma ha trovato Miguelon Indurain, più forte a cronometro e più regolare in salita. Il Gianni poi ha sbagliato completamente tattica sui Pirenei: nella tappa di Val Louron non ha risposto al tentativo di fuga del tandem Chiappucci-Indurain. Quando è riuscito ad interpretare la corsa, sulla salita finale, era ormai troppo tardi. Nel suo potente inseguimento ai due battistrada ha recuperato da solo un minuto sull’ultima salita ma ha perso il Tour. Chiappucci è arrivato primo con la benedizione di Indurain, che ha indossato la maglia gialla. Bugno si è poi imposto ad Indurain sul traguardo prestigioso dell’Alpe d’Huez ma nella classifica finale il distacco tra il navarro ed il monzese era rimasto di tre minuti e mezzo. Probabilmente il Gianni, anche senza l’errore di Val Louron, non sarebbe riuscito a superare la regolarità di Indurain ma il dubbio è rimasto.

Sto pensando a tutto questo quando uno scatto di Chiappucci eccita la fantasia di De Zan. Shira alza la testa ma si gira dall’altra parte nel consueto ammasso di pelo mentre Odilla mette le tazzine del caffè in lavastoviglie.

Il tentativo del Diablo non dura più di qualche centinaio di metri. La telecamera sulla moto riprende da dietro l’azione di Chiappucci e resta dietro anche quando gli inseguitori si portano su di lui. Di spalle, quindi, riconosco Delgado, Indurain e un uomo con la maglia giallorosa dell’Ariostea, forse è Argentin. In un primo momento vedo solo questi poi, nell’angolo in basso a destra dello schermo mi appare come una visione: la maglia tricolore del Gianni. Preso Chiappucci, gli uomini di testa rallentano ed ecco, che, da dietro, in contropiede come uscito da un manuale di ciclismo, si alza sui pedali il Gianni e parte sulla sinistra. Il suo scatto è esplosivo, resta alto sui pedali quanto basta per prendere una manciata di metri di vantaggio poi si siede e mette un rapporto più duro, un rapporto possibile solo a lui. Va senza voltarsi.

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Sono combattuto tra la felicità della bellezza dell’azione ed il timore che possano riprenderlo: mancano più di trenta chilometri al traguardo e dietro ci sono tutti i migliori corridori del mondo.

Poi mi consolo pensando alla Sanremo dello scorso anno: partito sulla Cipressa ha conservato un esiguo vantaggio sino a Sanremo con le squadre dei velocisti scatenate alle sue spalle.

Che rapporto duro spinge! Non è una cosa esagerata? Poi penso alla tappa del Vesuvio quando le sue gambe giravano lente mentre quelle degli inseguitori mulinavano molto più veloci. Però guadagnava terreno lui!

Ecco la discesa! Non è il suo forte. Speriamo bene! Sudo. Mi agito. Shira no. Odilla mi chiede cosa voglio per cena. Roba fredda, roba fredda e una birra ghiacciata!

De Zan continua a dare notizie del vantaggio. Sembra buono ma dietro ci sono tutti. Magari gli italiani non si daranno un gran daffare ma Miguelon, Delgado e compagnia briscola non lasceranno mica perdere.

La discesa non è molto tecnica e Bugno la disegna in stile e tranquillità. Ecco la pianura! Spinge un rapporto lunghissimo senza scomporsi. Che stile! Vai, Gianni che non ti prendono più!

Non si volta mai. E’ compostissimo. Con quel caldo non abbassa nemmeno di un millimetro la cerniera di quella bellissima maglia tricolore. Sto assistendo ad una specie di "Bugno contro il resto del mondo".

Finalmente ecco San Sebastian, il mare! Il percorso per le vie cittadine non finisce mai. Ecco, finalmente, il lunghissimo rettilineo d’arrivo. Ormai è fatta. Non c’è nessuno dietro. Alza le braccia senza scomporsi più di tanto e viene inghiottito dalla folla. Esulto ad alta voce, Shira apre gli occhi infastidita, Odilla mi chiede se va bene il carpaccio per cena. Va bene! Va bene!

Quando mi passa l’eccitazione sorge in me il convincimento di avere visto il miglio Bugno di sempre. Forse sarà irripetibile però è in forma smagliante e a breve si va a Stoccarda. Dai, Gianni! Facci sognare!

 

4 gennaio 2011