Ovomaltina, pasta d’acciughe e Monte Bondone

 

Agli inizi degli anni cinquanta, piazza Bacone era, per noi ragazzi, il nostro Maracanà. In uno spiazzo centrale in terra battuta, tra vialetti panchine e aiuole, disputavamo interminabili partite di pallone condizionate dal costante timore che potesse spuntare qualche "ghisa" a sequestrare l’oggetto del nostro contendere, malauguratamente finito in mezzo ad una aiuola.

Sull’altro lato della piazza faceva brutta mostra di sè una di quelle mense comunali abbastanza diffuse nella Milano del dopoguerra. In quella decrepita costruzione di legno venivano serviti i pasti a barboni, diseredati e povericristi che lavoravano in zona e non potevano permettersi niente di meglio.

Alcuni di questi "clienti" della mensa si sedevano poi sulle panchine ed assistevano alle nostre partite. Ormai li conoscevamo tutti. Il più celebre di questi era "Gaìna", così soprannominato per una innata propensione ad alzare il gomito. Era un buon diavolaccio che non faceva male a nessuno e, forse per questo, la fantasia di noi ragazzi, gli aveva inventato un improbabile passato di generale caduto in disgrazia.

Fu proprio in piazza Bacone che conobbi Michele.

Michele era un bel ragazzino, biondo, con due occhioni azzurri, identici a quelli di sua madre, una milanese, che aveva sposato, in giovane età, un conte siciliano con possedimenti in quel di Enna.

La sorella minore di Michele, Chicca, aveva, invece, gli occhi e i capelli neri, a testimonianza delle sue radici meridionali.

Andavo volentieri a casa di Michele non tanto perché aveva il televisore, non tanto perché spesso veniva la cugina, una bella ragazza dal nome adatto ad una star del cinema, Tamara, quanto perché, al pomeriggio, si faceva merenda.

Anch’io, a casa mia facevo merenda, ma da Michele era tutta un’altra cosa!

La merenda consisteva in una grossa tazza di latte caldo con qualche cucchiaio di Ovomaltina ed una fetta di pane su cui era spalmato un abbondante strato di pasta d’acciughe.

A pensare adesso a quell’abbinamento rabbrividisco ma, allora, chi aveva mai visto quella roba lì? Per me non c’era niente di meglio al mondo.

Questi motivi mi spingevano ad andare spesso a casa di Michele, anche se, molte volte, si finiva con il disputare improvvisati match di boxe: nessun problema se il mio amico non avesse posseduto un solo paio di guantoni dei quali, molto democraticamente, me ne cedeva uno, ma sempre il sinistro!

Fu proprio Michele, in un piovoso giorno di giugno del 1956, ad invitarmi a casa sua per vedere alla televisione l’arrivo della terzultima tappa del Giro, quella con l’arrivo in vetta al Monte Bondone.

La cosa non mi entusiasmava particolarmente perché ormai il Giro poteva considerarsi finito: il trentaseienne Coppi, al primo anno con la maglia bianca della Carpano-Coppi, si era ritirato per l’ennesima caduta della sua carriera, Cuordileone Magni aveva corso mezzo giro con una spalla a pezzi, manovrando il manubrio con l’ausilio di un tubolare stretto tra i denti. Chi poteva contrastare la maglia rosa Pasqualino Fornara da Borgomanero che, oltre tutto, aveva dominato anche la "cronometro"?

A dire il vero c’era un corridore che andava forte in salita: il lussemburghese Charly Gaul. Gaul, che la gente allora chiamava "Gol", non era uno sconosciuto solo perché, sulle salite del Tour dell’anno prima, era riuscito a dare qualche grattacapo al grande Louison Bobet.

Il lussemburghese era un corridore piccolo, leggero, un brevilineo che prediligeva i rapporti agili. Spesso, in salita, impugnava il manubrio nella parte bassa, un po’ come avrebbe fatto molti anni dopo Pirata Pantani.

C’era Gaul, è vero, ma aveva un ritardo di oltre sette minuti, non era nemmeno nei primi dieci in classifica: che noia vedere una tappa così! Però…l’Ovomaltina…

La mamma di Michele, preavvertita, aveva preparato la merenda prima che noi accendessimo il televisore; Chicca, si era lavata i capelli e sedeva sul divano, con una specie di turbante in testa ed un libro in mano.

Che noia! Per mettere in discussione la maglia rosa di Pasqualino ci sarebbe voluto un cataclisma. Meno male che c’era la merenda!

L’annunciatrice ci fece sapere che si era in attesa di collegarci con Monte Bondone per trasmettere la telecronaca dell’arrivo. A quei tempi, in televisione, trasmettevano solo l’arrivo di tappa e poco più.

L’annuncio venne ripetuto una infinità di volte. L’attesa era lunghissima e noiosa. La mamma di Michele pensò bene di servirci un graditissimo supplemento di merenda. Chicca aveva terminato il suo libro e attendeva con noi, più incuriosita che interessata.

Finalmente fu stabilito il collegamento. Le prime immagini, veramente indecifrabili, ci diedero l’impressione di un guasto tecnico, poi la voce del telecronista, non ricordo se Carapezzi o Martellini, ci chiarì la situazione: la carovana del Giro risultava praticamente dispersa, in balia di una tremenda tempesta di neve. Non si avevano notizie precise, non si sapeva quasi nulla, si temeva di vedere arrivare al traguardo dieci-quindici corridori al massimo.

Ancora una lunga attesa scrutando nella nebbia inquadrata dalla telecamera fissa poi, finalmente, ecco sbucare la sagoma di un corridore. In maniche corte, con il berrettino alla belga, era "Gol". Tagliò il traguardo e venne portato via a braccia. Secondo fu l’abruzzese Fantini, avvolto in una mantellina trasparente, terzo Fiorenzo Cuordileone.

Rimasero in gara in quarantatre, grazie alla provvidenziale abolizione del tempo massimo decisa dalla giuria.

Degli altri vedemmo poi le foto sui giornali: Fornara,che indossava un normale impermeabile scuro sopra la maglia rosa, mentre veniva sorretto dal personale dell’Arbos al momento del ritiro; Defilippis, virtuale maglia rosa per pochi chilometri, con gli occhi allucinati di chi è in procinto di abbandonare; Pierino Baffi e Antonio Uliana, con una coperta sulle spalle, spinti dagli spettatori.

"Gol" aveva vinto il Giro. A noi rimaneva l’amarezza di avere assistito alla terza vittoria straniera nella storia del Giro: dopo Pettinino Koblet e Carneade Clerici, ecco "Gol".

Era ormai sera quando Michele disse alla sorella:"Chicca, chiedi alla mamma se ci fa due tazze di Ovomaltina!".

 

15 maggio 2004